Aspettando Godot è una delle più famose opere teatrali di Samuel Beckett scritto verso la fine degli anni quaranta, dopo la seconda guerra mondiale, in un’epoca posta-atomica.
Il dramma è associato al cosiddetto teatro dell’assurdo ed è costruito intorno alla condizione umana dell’attesa.
La trama è ridotta all’essenziale: due personaggi, Vladimiro ed Estragone, aspettano, per un tempo indeterminato, Godot: qualcuno, qualcosa, un’entità indefinita. Godot viene frequentemente evocato, ma mai rappresentato: l’attesa è, infatti vana. Nessuna trama, nessun nodo drammatico; la scena è retta soltanto da un fitto dialogo tra i due personaggi. All’assenza di trama si aggiunge l’assenza di contenuto dei dialoghi, la fugacità delle parole. Molte pause e lunghi silenzi.
Oltre che dal punto di vista contenutistico Aspettando Godot ha di fatto rivoluzionato il teatro contemporaneo anche per il linguaggio: commistione di registri (citazioni teologiche e turpiloquio) generi (tragedia e commedia, teatro comico e gag di cabaret) e facendo venir meno quelli che, fino a quel momento, erano i punti fermi e intoccabili del linguaggio teatrale: azione, trama, significato.
Nell’immaginario popolare Aspettando Godot è divenuto sinonimo di una situazione, anche esistenzialista, in cui si aspetta un avvenimento che dovrebbe essere imminente, ma che nella realtà non accade mai e chi l’attende non fa nulla affinché questo si realizzi.
Centrale è dunque la condizione umana dell’attesa: il passare del tempo, ma anche il protendersi oltre il tempo.
Buona lettura!
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